L’additive manufacturing ha guadagnato notevole attenzione in vari settori, per la produzione di parti di servizio funzionali. Tuttavia, il pieno potenziale dell’additive manufacturing come nuovo mezzo per la produzione di parti strutturali non si è ancora pienamente realizzato. Una delle sfide principali per l’adozione di queste tipologie di AM da parte dell’industria è l’incertezza nelle proprietà strutturali delle parti fabbricate.
di Marco Rossoni
Negli ultimi anni, la manifattura additiva (Additive Manufacturing – AM), conosciuta anche come stampa 3D, ha registrato un vero e proprio successo. Grazie a questo nuovo concetto di manifattura strato per strato è infatti possibile la produzione di componenti con geometrie complesse, la cui ideazione non era prima pensabile dati i vincoli imposti dalle tecnologie tradizionali (e.g. asportazione di truciolo, deformazione plastica, etc.). Diversi casi di successo sono infatti stati documentati sia dalla letteratura scientifica che dall’industria: oramai famoso è l’iniettore di carburante per applicazioni aerospaziali progettato e prodotto da General Electric [1], la quale è riuscita a consolidare il componente in un’unica parte (dalle 25 parti che lo costituivano originariamente), riducendone il peso del 25% e aumentandone l’efficienza del 15%. I nuovi sviluppi dei processi additivi, insieme alle innovazioni nell’ambito dei materiali avanzati, hanno consentito approcci esclusivi allo sviluppo del prodotto, la produzione e la gestione della catena di approvvigionamento. Pertanto, l’additive manufacturing ha guadagnato notevole attenzione in vari settori, come quello aerospaziale e biomedico, per la produzione di parti di servizio funzionali. Tuttavia, il pieno potenziale dell’additive manufacturing come nuovo mezzo per la produzione di parti strutturali non si è ancora pienamente realizzato. La seguente discussione si focalizzerà sulla produzione additiva di componenti strutturali in metallo con tecnologie che sfruttano sorgenti laser. Esse possono essere classificate in due categorie principali: fusione laser a letto di polvere (L-PBF), in cui un letto di polvere funge da sistema di alimentazione (e.g. Seletive Laser Melting), e la deposizione laser diretta (DLD), che utilizza un sistema di polvere “soffiata” (e.g. laser engineered net shaping). Gli esempi che seguiranno fanno riferimento principalmente alla tecnologia L-PBF.
Una delle sfide principali per l’adozione di queste tipologie di AM da parte dell’industria è l’incertezza nelle proprietà strutturali delle parti fabbricate. Tale incertezza è dovuta all’intrinseca eterogeneità microstrutturale e alla presenza di difetti, superficiali ed interni, dispersi casualmente che caratterizzano i componenti stampati 3D. Sebbene notevoli sforzi siano stati messi in atto per ottimizzare e controllare meglio il processo al fine di ottenere strutture più omogenee e garantire una certa ripetibilità del processo, il numero di parametri oggetto di tale ottimizzazione e controllo è molto elevato. In generale, le proprietà meccaniche sotto carico statico, (trazione, compressione, durezza, etc.) delle parti stampate sono paragonabili a quelle fabbricate in modo convenzionale [2]. Numerosi studi sulla caratterizzazione delle parti stampate con additive manufacturing, il loro comportamento meccanico, la loro affidabilità e durata sono stati condotti e, nonostante ciò, la loro caratterizzazione meccanica è ancora un problema aperto, specialmente quando gli stessi sono sottoposti a carichi ciclici. In queste condizioni, le cricche da fatica si sviluppano in tre stadi: inizio, propagazione e frattura finale. Contrariamente ai cedimenti dovuti a carico statico, la resistenza a fatica è determinata essenzialmente da fattori locali, quali impurità e difetti, tipici dei componenti ottenuti per fabbricazione additiva [3].
Microstruttura, porosità, rugosità superficiale, tensioni residue
La vita a fatica di qualsiasi prodotto stampato è sempre il risultato dell’influenza combinata di molteplici fattori locali. I fattori chiave che influenzano le prestazioni a fatica sono la microstruttura, le porosità e i difetti superficiali, la rugosità superficiale e lo stress residuo indotto dal processo. Non è possibile separare l’influenza che questi fattori hanno singolarmente e, quindi, non è molto complesso avere un modello matematico che descriva l’interazione e l’impatto separato di questi fattori.
Come accennato in precedenza, l’additive manufaturing consente la produzione di geometrie complesse, spesso risultanti da ottimizzazioni di natura topologica e/o di forma. La qualità del componente stampato in 3D dipenderà sia da parametri di processo che da aspetti relativi alla progettazione. Il tema è molto complesso, oggetto negli ultimi anni di intensa attività di ricerca. Nel resto dell’articolo, si procederà per esempi non allo scopo di presentare una trattazione completa del problema ma con il solo fine di presentare la complessità della tematica.
La direzione di stampa ha, chiaramente, impatto sull’orientamento delle diverse superfici della geometria stampata: poiché la rugosità superficiale è correlata all’angolo tra il piano della piastra di costruzione e la superficie stessa, un diverso orientamento del componente sul piatto di stampa porterà a una diversa distribuzione della rugosità della superficie. Inoltre, volendo massimizzare il numero di parti stampate in un unico ciclo di stampa, le diverse istanze del componente potrebbero essere orientati in modo differente sul piatto di stampa. Avere orientato differentemente i diversi componenti si otterranno diverse distribuzioni di rugosità superficiale, porosità e microstruttura locale e, quindi, differenti prestazioni a fatica. In altre parole, poiché la rugosità superficiale ha una forte influenza sulla vita a fatica, i diversi componenti mostreranno un comportamento a fatica diverso, anche se hanno la stessa geometria e sono stati prodotti con la stessa macchina e dallo stesso materiale. Da notare che la differenza di rugosità tra le superfici parallele al piatto di stampa e quelle ad esso perpendicolare può essere anche di 5 volte [4]. L’orientamento delle superfici dell’oggetto rispetto alla direzione di stampa non è però l’unico parametro di processo che influenza la rugosità superficiale: l’orientamento del componente rispetto alla racla, nei processi a letto di polvere (e.g. SLM), è un altro fattore determinante, così come la potenza del laser e la strategia di scansione. Peraltro, come segnalato da una recente revisione dello stato dell’arte [5], in letteratura sono presenti molti studi con risultati contradditori proprio sull’influenza che questi parametri di processo hanno sul risultato finale.
Proprio per la natura del processo, soprattutto a causa delle elevate temperature in gioco nella stampa di metalli, le rapide velocità di raffreddamento, i metodi di deposizione della polvere e la solidificazione direzionale portano a caratteristiche microstrutturali del materiale che possono influenzare le proprietà meccaniche della parte come porosità, microstrutture di non equilibrio e microstrutture anisotropiche. Ad esempio, come riportato in [6] per campioni di Ti-6Al-4V stampati in SLM, a causa dell’elevata velocità di raffreddamento, si ottengono strutture martensitiche molto fini che conferiscono al manufatto finale elevata resistenza allo snervamento ma una duttilità relativamente bassa. Lo stesso articolo riporta risultati anche su campioni realizzati in acciaio inossidabile 316L: in questo caso la rapida solidificazione da origine a una microstruttura austenitica con grani fini (circa 10 μm) allungati con un elevata densità di dislocazione, equivalente a quella che si otterrebbe dopo una deformazione plastica. Queste microstrutture, unite a difetti causati da fusione non uniforme, polvere parzialmente fusa e intrappolamento di gas che si verificano durante il processo di costruzione, portano ad avere caratteristiche microstrutturali difficilmente prevedibili. Questo rende la procedura di caratterizzazione sperimentale e lo studio di modelli predittivi della resistenza a fatica di un componente stampato particolarmente laboriosi. Si noti che, gli studi qui riportati si riferiscono tutti a provini: è noto che il passaggio da provino a componente non è immediato.
Tutto ciò presentato, fa riferimento a componenti “as-built”, ossia nelle condizioni in cui si trovano a valle del processo, senza nessun post-processing. Generalmente, prima della rimozione dei supporti, si procede comunque ad un trattamento termico di distensione per ridurre le tensioni interne accumulate a causa del ciclo termico indotto dal processo stesso. Le prestazioni meccaniche, in particolare quelle a fatica, possono essere migliorate e stabilizzate ricorrendo a trattamenti termici addizionali a valle della rimozione meccanica dei supporti. Ovviamente, il tipo di trattamento dipende dal tipo di materiale ma, in generale, i più gettonati sono il T6 e la pressatura isostatica a caldo. Il secondo combina elevata temperatura con elevate pressioni ed è particolarmente indicato quando l’obiettivo è migliorare le performance a fatica e ridurre la porosità. Oltre ai trattamenti di natura termica, sono disponibili anche altre procedure di post trattamento che agiscono perlopiù sulla modifica delle caratteristiche superficiale per mezzo di deformazione plastica o chimica. Si menziona, a titolo di esempio, la pallinatura che ha dimostrato di essere particolarmente efficacie nel migliorare la resistenza a fatica [7].
Conclusioni
Abbiamo visto come i componenti strutturali stampati con tecniche additive siano proni a cedimenti a fatica dovuti alla presenza di difetti, scarsa finitura superficiale e tensioni residue indotte dal processo. Queste caratteristiche si presentano in maniera “random” nei componenti: ciò rende la stima della resistenza a fatica dei pezzi un problema complesso e difficilmente risolvibile con i tradizionali approcci alla progettazione. L’indeterminatezza delle performance, unita alla scarsa riproducibilità dei risultati di manifattura, è uno dei fattori che limita l’adozione delle tecnologie additive per la realizzazione di componenti strutturali in metallo nel mondo industriale. In tal senso, una delle direzioni di ricerca più promettenti sfrutta metodologie “data-driven” in combinazione ad un approccio statistico alla meccanica della frattura. Infatti, la sempre maggior diffusione di macchine sensorizzate permette implementazioni robuste di controllo e monitoraggio “in-situ” del processo [8]. Le misurazioni, perlopiù basate su sistemi non a contatto (e.g. computer vision), abilitano da un lato la possibilità di implementare meccanismi di controllo ad anello chiuso correttivi e, dall’altro, una progettazione che tollera la presenza di difetti. Dato che le caratteristiche intrinseche del processo non permettono un approccio alla progettazione deterministico, sono allo studio approcci probabilistici per la determinazione della vita a fatica di provini e componenti [9].
References
- https://www.ge.com/additive/stories/new-manufacturing-milestone-30000-additive-fuel-nozzles
- Bian, L., Thompson, S. M., & Shamsaei, N. (2015). Mechanical properties and microstructural features of direct laser-deposited Ti-6Al-4V. Jom, 67(3), 629-638.
- Shamsaei, N., Yadollahi, A., Bian, L., & Thompson, S. M. (2015). An overview of Direct Laser Deposition for additive manufacturing; Part II: Mechanical behavior, process parameter optimization and control. Additive Manufacturing, 8, 12-35.
- Kozior, T., & Bochnia, J. (2020). The influence of printing orientation on surface texture parameters in powder bed fusion technology with 316L steel. Micromachines, 11(7), 639.
- Obilanade, D., Dordlofva, C., & Törlind, P. (2021). Surface roughness considerations in design for additive manufacturing-a literature review. Proceedings of the Design Society, 1, 2841-2850.
- Gorsse, S., Hutchinson, C., Gouné, M., & Banerjee, R. (2017). Additive manufacturing of metals: a brief review of the characteristic microstructures and properties of steels, Ti-6Al-4V and high-entropy alloys. Science and Technology of advanced MaTerialS, 18(1), 584-610.
- Maleki, E., Bagherifard, S., Razavi, S. M. J., Riccio, M., Bandini, M., du Plessis, A., … & Guagliano, M. (2022). Fatigue behaviour of notched laser powder bed fusion AlSi10Mg after thermal and mechanical surface post-processing. Materials Science and Engineering: A, 829, 142145.
- Grasso, M., & Colosimo, B. M. (2017). Process defects and in situ monitoring methods in metal powder bed fusion: a review. Measurement Science and Technology, 28(4), 044005.
- Sausto, F., Romano, S., Patriarca, L., Miccoli, S., & Beretta, S. (2022). Benchmark of a probabilistic fatigue software based on machined and as-built components manufactured in AlSi10Mg by L-PBF. International Journal of Fatigue, 165, 107171.