Gli elementi rigidi

Cosa sono gli elementi rigidi RBE2 e RBE3.

di Francesco Grispo

Simulare significa approssimare e per approssimare si deve essere in grado di capire quali sono le parti importanti di un assieme e quali invece non sono necessarie ai fini dei risultati che dobbiamo ottenere.

Ma come si fa a tenere in considerazione il motore senza modellarlo e senza attribuirgli le caratteristiche di materiale? Queste semplificazioni possono essere fatte con degli “elementi rigidi”.

Un elemento rigido altro non è che un collegamento a infinita rigidezza (come prima approssimazione è più che sufficiente) che unisce diversi punti tra di loro.

Si consideri un’ala con un motore aeronautico. Lo scopo dell’analisi è quella di valutare le deformate e gli stress sull’ala. Le uniche informazioni interessanti sono la massa del motore e le sue caratteristiche di inerzia. Si può perciò semplificare il motore con un punto materiale.

L’unico aspetto mancante è il modo con cui si può collegare questo oggetto alla struttura principale
Nella realtà la rigidezza del supporto motore sarebbe notevolmente più rigida rispetto alla struttura dell’ala. Quindi il rapporto di rigidezza tra supporto motore e struttura alare sarebbe talmente elevato che si potrebbe ipotizzare una struttura di collegamento rigida, le cui deformazioni sono nulle e che risulterà soggetto solamente a traslazioni e rotazioni. Una possibile struttura semplifica al minimo potrebbe essere quella rappresentata in figura 1.

Figura 1: Schematizzazione di una struttura di aeroplano + fusoliera+ motore

Questa relazione può essere schematizzata tramite l’utilizzo di un particolare elemento che prende il nome di RBE (Rigid Body Element).

Gli RBE sono forse lo strumento più potente a disposizione dell’analista strutturale (e forse l’elemento più abusato in qualsiasi campo delle simulazioni).

Ne esistono di diversi tipi a seconda della situazione che dobbiamo simulare. Quelli che si considereranno in questo articolo sono:

  • RBE2
  • RBE3

Quello che contraddistingue questi collegamenti sono la presenza di nodi governanti detti master e di nodi dipendenti detti slave.

Elementi rigidi RBE2

Con questo elemento sono messi in relazione i sei spostamenti del singolo nodo master con quelle di più nodi slave (figura 2), perciò se il primo nodo si sposterà di 5 mm, anche i nodi slave subirà uno spostamento di 5 mm (o una rotazione). Ipotesi molto forte come condizione al contorno che può introdurre una rigidezza aggiuntiva nella struttura. L’utilizzo di questo elemento è da ricercarsi in tutti quei casi in cui la rigidezza dell’elemento collegato è molto più elevata della struttura a cui si collega (ad esempio una struttura in plastica su una struttura di acciaio).

Figura 2: Esempio di collegamento RBE2

Elementi rigidi RBE3

Si ha un solo nodo dipendente e un numero elevato di nodi indipendenti (master). Il valore di spostamento del nodo slave è dato dalla media dei valori calcolati nei rispettivi master. Non si va ad aggiungere nessuna rigidezza alla struttura. Se il carico dovesse essere applicato nel nodo slave, i vari nodi master si muoveranno in maniera indipendente (ossia ognuno del proprio valore relativamente alla distribuzione del carico). Non si avrà uno spostamento rigido della faccia ma un andamento secondo una certa curva. Da utilizzare quando le strutture che sono collegate hanno dei valori di rigidezza simili, in cui non si riesce a distinguere il più rigido dei due.

Figura 3: Esempio di collegamento RBE3

Applicazione FEM

Per comprendere meglio la differenza dei risultati, si procede all’analisi di una piastra tirata.

La piastra in acciaio ha dimensioni 400x100x15mm ed è vincolata in un lato corto mentre l’altro lato corto lo si considera collegato con un punto situato ad una distanza di 100 mm (figura 5)

Figura 4: Geometria della piastra con evidenziato il punto di caricamento della forza.

Nel punto di destra applichiamo una forza di 100000 Newton in direzione parallela alla direzione maggiore della piastra.

A parità di griglia di calcolo, si riportano le soluzioni degli spostamenti. In figura 5 è rappresentato lo spostamento della linea di collegamento dovuta ad un RBE2 mentre in figura 6 lo spostamento della linea di collegamento dovuta ad un RBE3.

Figura 5: Spostamento ottenuto con l’applicazione di un RBE2 (collegamento rigido)
Figura 6: Spostamento ottenuto con l’applicazione di un RBE3 (Carico Distribuito)

Da queste due immagini si nota come la scelta di una certa tipologia di collegamento rispetto ad un altro porti a dei risultati completamente differenti.

Nel primo caso si nota una traslazione rigida dei nodi mentre nel secondo caso si forma un andamento curvilineo del bordo di applicazione.

Come faccio a scegliere il collegamento giusto?

Scegliere la giusta tipologia di collegamento da utilizzare per semplificare il problema dipende dal problema in questione. Se riprendiamo il caso del motore dell’aereo collegato all’ala, in quel caso i quattro fori subiranno delle traslazioni rigide uno rispetto all’altro (la struttura di collegamento è molto rigida e non permette uno spostamento relativo). Perciò in quel caso è d’obbligo utilizzare un RBE2.

Se invece, ad esempio, si ha una pressione da contatto, essa sarà differente tra la parte più interna e la parte più esterna. In questo caso sarà necessario utilizzare un collegamento che sia in grado di distribuire la forza in maniera intelligente e reale e pertanto si dovrà utilizzare un collegamento RBE3.

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