Questo articolo racconta l’incredibile storia dei sei materiali che hanno cambiato la storia dell’ingegneria.
di Franco Concli
L’acciaio – i ponti
L’acciaio è uno dei materiali più diffusi nell’ambito dell’ingegneria grazie alla sua versatilità. Esso, infatti, è un materiale particolarmente robusto ma che al contempo ben si adatta a varie forme. Le sue caratteristiche di duttilità permettono al materiale di reggere anche in caso di sovraccarichi. In zone sismiche, ad esempio, anche a seguito di piccole scosse di terremoto altri materiali (fragili) come il vetro delle finestre vanno in frantumi mentre strutture in acciaio, anche di grandi dimensioni superano indenni questi eventi. A questo va anche sottolineata un’altra proprietà importante dell’acciaio: come tutti gli altri metalli conduce la corrente elettrica.
Uno degli impieghi storici dell’acciaio è nella costruzione di strutture come possono essere i ponti. Tra i primi, sicuramente troviamo il Golden Gate Bridge che collega San Francisco, in California (US), con la Marin County. Il Golden Gate è stato inaugurato il 27 maggio 1937. In tale occasione, le cronache riportano la passeggiata esplorativa di oltre 200000 persone sulla nuova struttura dato che l’apertura al traffico è avvenuta solo il giorno successivo. Con i suoi 2737 metri, il ponte di San Francisco ha rappresentato per molti anni il ponte sospeso più lungo al mondo.
Sebbene oggigiorno il Golden Gate sia un progetto ormai datato, l’impiego dell’acciaio per la costruzione dei ponti è ancora molto attuale.
I materiali ceramici – le lampadine
L’alluminio è un materiale oggigiorno ampiamente utilizzato. Basti pensare a quante lattine per bevande vengano stappate in tutto il mondo ogni giorno. Il suo ossido (Al2O3) è un materiale ceramico che trova larga applicazione in campo ingegneristico. L’ossido di alluminio è fondamentalmente un composto stabile che quindi protegge il materiale puro dalla corrosione. Anche nel caso in cui lo strato di ossido venga danneggiato, l’esposizione dell’alluminio puro all’aria porterà alla rapida formazione di nuovo ossido protettivo. Questo, oltre a proteggere dalla corrosione, ha anche un punto di fusione molto maggiore del materiale puro (2020°C vs. 660°C). In tal senso, l’ossido di alluminio viene detto materiale refrattario (resistente alle temperature) che viene utilizzato, ad esempio, per il rivestimento dei forni industriali. Assieme a queste fantastiche caratteristiche, però, l’ossido di alluminio mostra anche una certa fragilità che ne limita il campo di applicazione.
Da un punto di vista termico, ad esempio, sarebbe possibile impiegarlo in applicazione quali i propulsori delle automobili. Data la bassa duttilità (ovvero la capacità di resistere a sollecitazioni relativamente alte senza fratturarsi), però, un loro impiego in applicazioni ad alta dinamica sarebbe catastrofico.
I materiali ceramici trasparenti
In ambito materiali ceramici, uno dei progressi più significativi può essere fatto risalire alla nascita dei materiali ceramici trasparenti che hanno, ad esempio, rivoluzionato il mondo dell’illuminazione.
I materiali ceramici trasparenti vengono tipicamente realizzati mediante riscaldamento di polveri cristalline fino a temperature molto alte. La massa fluida che si ottiene risulta molto densa e contiene molte porosità (data dalla presenza di aria tra i granelli di polvere a monte della fusione). L’aggiunta di piccolissime quantità (0.1%) di impurità (quali gli ossidi di magnesio) ha permesso di densificare, tra gli altri materiali, anche la polvere di Al2O3 fino ad ottenere un materiale traslucido. L’ossido traslucido di alluminio è stato per anni impiegato per la realizzazione di lampade ai vapori di sodio ad alta temperatura (1000°C) che garantivano un’illuminazione molto migliore delle tradizionali lampade a bulbo (100 lumen/W contro 15 lumen/W).
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Le fibre ottiche – i vetri
I materiali metallici (come l’acciaio) così come quelli ceramici (come l’ossido di alluminio) condividono una caratteristica comune: sono cristallini. La loro struttura atomica risulta pertanto organizzata in modo strutturato e ripetitivo. A differenza dei metalli, però, alcuni materiali ceramici possono essere prodotti, mediante processi produttivi specifici, anche in forme non cristalline (ovvero con strutture i cui atomi non sono disposti in modo ordinato). Il vetro è un esempio di materiale ceramico non cristallino. La maggior parte dei vetri è composto da una combinazione di ossido di silicio (SiO2), ossido di sodio (Na2O) ed ossido di calcio (CaO). I vetri, come anche i materiali ceramici cristallini, sono caratterizzati da una elevata fragilità. Se i vetri sono stati da sempre impiegati principalmente per la loro caratteristica di trasmettere la luce visibile, essi sono anche alla base di una delle principali innovazioni nell’ambito delle telecomunicazioni: le fibre ottiche.
Nel 1880, Alexander Graham Bell realizzò un primo metodo di trasmissione di informazioni attraverso un fascio di luce. Nel fotofono, infatti, il suono della voce faceva vibrare uno specchio, sul quale veniva proiettato un raggio di luce.
La vera rivoluzione, però coincide con l’invenzione del laser nel 1960. Dieci anni dopo, un team di ricerca della Corning Glass Works sviluppò la prima fibra ottica. Questa rappresenta un esempio di materiale fotonico, un materiale in cui la trasmissione del segnale avviene per mezzo di fotoni (grazie al laser) e non mediante elettroni (come avviene nei materiali elettronici).
A differenza dell’approccio di Bell, le fibre ottiche garantivano un bassissimo fattore di perdita (20dB/km). Un’altra decade dopo, nel 1980, il fattore di perdita delle fibre ottiche risultava ridotto di altri due ordini di grandezza (0.2dB/km) grazie all’impiego di onde a frequenza molto più alta (630 µm vs. 630 mm di lunghezza d’onda impiegata negli anni ’60). Il resto è storia recente. Le fibre ottiche hanno trovato un sempre più largo impiego grazie anche alla nascita di internet e di un mondo interconnesso in cui lo scambio di informazioni gioca ormai un ruolo sempre più centrale.
I polimeri – il paracadute in nylon
I materiali polimerici, altresì noti come plastiche, hanno visto la loro luce a partire dalla seconda metà dello ‘800. Nel 1861, Alexander Parkes, brevetta il primo materiale plastico semisintetico, che battezza Parkesine (più nota poi come Xylonite). Si tratta di un primo esempio di celluloide, utilizzato per la produzione di manici e scatole, ma anche di manufatti flessibili come i polsini e i colletti delle camicie. Pochi anni dopo, nel 1870, i fratelli americani Hyatt brevettano la formula della celluloide, con l’obiettivo di sostituire l’avorio nella produzione delle palle da biliardo, salvo incontrare un immediato successo presso i dentisti quale materiale da impiegarsi per le impronte dentarie.
Nei primi del ‘900, il chimico Leo Baekeland ottiene per condensazione tra fenolo e formaldeide la prima resina termoindurente di origine sintetica, che brevetterà nel 1910 con il nome di Bakelite. Due anni dopo, Fritz Klatte scopre il processo per la produzione del PVC (polivinilcloruro).
Il primo esempio di materiale polimerico flessibile e trasparente può essere fatto risalire al 1913 quando lo svizzero Jacques Edwin Brandenberger inventa il cellophane.
Ma perché le plastiche vengono altresì dette polimeri? La parola “mero” sta ad indicare una singola molecola di icrocarburo come l’etilene (C2H4). I polimeri altro non sono che lunghe catene di singole molecole (meri) legate assieme.
Il nylon
Il nylon è un esempio di polimero sintetico appartenente alla famiglia delle poliammidi, inventati nel 1936 dalla Du Pont Company. Questo polimero trovò largo impiego a partire dal 1938 nella produzione di spazzolini da denti e come alternativa alla seta per la produzione di calze. Il vero successo del nylon, però, coincise con la Seconda Guerra Mondiale durante la quale fu impiegato su larga scala per la produzione dei paracaduti (fino ad allora prodotti in seta). Alla fine del conflitto, le fibre sintetiche avevano già sostituito quelle naturali in ¼ delle applicazioni. Oggigiorno, 60 anni dopo, il nylon resta ancora molto diffuso e trova anche largo impiego, nella sua forma solida, in applicazioni ingegneristiche come gli ingranaggi ed i cuscinetti.
Le plastiche mostrano una grande duttilità coniugata a costi molto minori, ad esempio, dei metalli. Per contro mostrano anche resistenze e punti di fusione molto minori dei metalli, nonché una reattività chimica maggiore rispetto a vetri e ceramici.
I materiali compositi – pneumatici rinforzati in kevlar®
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Tutti i materiali introdotti fino ad ora (metalli, ceramici, polimeri) sono classificabili a seconda del tipo di legame chimico alla loro base (rispettivamente legame metallico, legame ionico e legame covalente). Un’altra importante classe di materiali è quella dei cosiddetti compositi, ovvero materiali che, di fatto, altro non sono che aggregati di altri materiali.
Un esempio di materiale composito ampiamente diffuso è la vetroresina. Esso è composto da una matrice polimerica in cui sono inserite fibre di vetro per conferirne proprietà superiori a quelle dei materiali di base. In questo caso vengono quindi combinate la resistenza del vetro con la duttilità dei polimeri.
Kevlar® è il nome di una particolare vetroresina prodotta da Du Pont Company a partire dal 1965 (quella che ha inventato le poliammidi) che usa fibre para-aramidiche (il poli-para-fenilenetereftalammide PPD-T). Il Kevlar® ha cambiato il nostro modo di viaggiare ed è stato impiegato, già a partire dagli anni ’70, nella produzione degli pneumatici. Il suo rapporto resistenza/peso, infatti, risulta 5 volte superiore a quello dell’acciaio.
I semiconduttori – i chip in silicio
L’ultima classe di materiali che ha probabilmente maggior contribuito all’avanzamento tecnologico, è quella dei semiconduttori. A differenza dei polimeri, che vediamo con i nostri occhi tutti i giorni, i semiconduttori hanno rivoluzionato la società in modo invisibile.
Impiegati in moltissime applicazioni, i semiconduttori sono un gruppo relativamente ristretto di elementi che possiede un’importante proprietà elettrica, ovvero la caratteristica di non essere né buoni conduttori di corrente elettrica, né buoni isolanti. Tra i materiali semiconduttori più diffusi possiamo individuare il Silicio ed il Germanio. La possibilità di controllare con precisione il livello di impurità chimiche nel materiale consente di controllare con precisione anche le proprietà elettriche. In questo modo è possibile realizzare circuiti elettronici molto sofisticati e questi sono stati alla base di una vera e propria rivoluzione tecnologica.
Conclusioni
Come ingegneri o tecnici siamo portati spesso confrontarci o dover scegliere il materiale per un nuovo progetto. Spesso la scelta è guidata dall’esperienza accumulata negli anni. Tuttavia, come si è visto, spesso un materiale pensato per uno scopo, a volte può rivoluzionare in modo in atteso un settore apparentemente molto distante.