Plastiche biodegradabili: dal prodotto al fine vita

L’ONU prevede che entro il 2040 circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entreranno negli ecosistemi marini della Terra. Un dato sicuramente preoccupante per le sorti del nostro pianeta. A tal riguardo, la plastica biodegradabile una soluzione valida al problema dell’inquinamento derivante dalla disseminazione ambientale del materiale plastico. Benché rappresenti solo una piccola percentuale del mercato totale della plastica (nel 2022 ne sono stati prodotti 1,14 milioni di tonnellate), essa sembra destinata a crescere d’importanza e popolarità. Uno degli ostacoli alla sua adozione è però la limitata comprensione di come venga a degradarsi nei vari ambienti terrestri.

di Sara Bagherifard

Le prestazioni delle plastiche biodegradabili

Alcuni scienziati coreani hanno analizzato le prestazioni di tre classi di plastica biodegradabile in condizioni di contatto con il suolo e con l’acqua di mare. I materiali analizzati sono stati il policaprolattone (PCL), il polibutilene succinato (PBS) e il polibutirrato (PBAT), tutti sintetizzati utilizzando sistemi su scala di laboratorio.  Studi sulla decomposizione condotti in condizioni marine simulate hanno dimostrato la sostanziale efficacia del PCL e di altre plastiche biodegradabili. I risultati hanno indicato che il PCL tende a degradarsi rapidamente nel terreno fertilizzato e nell’acqua, seguito da PBS e PBAT.

Per analizzare la degradabilità in acqua di mare, campioni di PCL che mostravano il tasso di decomposizione più rapido nel suolo sono stati immersi, attraverso reti da pesca a maglia larga e fine, in un acquario riempito con acqua salata e con la presenza di fauna marina. Le analisi hanno dimostrato che:

  1. i campioni di plastica all’interno di reti a maglia larga hanno una maggiore aerazione e spingono le attività microbiche ad aumentare i tassi di decomposizione rispetto a quelli nelle reti più fini;
  2. le onde e le correnti aumentano significativamente la velocità di decomposizione del materiale, determinando una riduzione pari a tre volte dello spessore del campione.

Inoltre, si è notato che le proprietà meccaniche dei campioni di plastica biodegradabile si mantengono per diversi mesi prima che si verifichi un loro indebolimento significativo. A livello di applicazione, ciò può risolvere i gravi danni derivati dalla cosiddetta “pesca fantasma”. Molte specie marine muoiono a causa di reti dismesse e abbandonate, perciò si incentiva l’uso di plastica biodegradabile come sostituto dei materiali non degradabili utilizzati nella costruzione degli attrezzi da pesca.

Sulla base dei risultati di questo studio è quindi possibile sostenere che le plastiche biodegradabili possono offrire una valida alternativa come materiali costruttivi e una soluzione per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti plastici.

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