UE e USA sospendono i dazi: tregua, negoziazioni e incognite future

La sospensione dei dazi statunitensi, per 90 giorni, e la successiva risposta dell’UE, generano nuovi scenari, prospettando la possibilità di reali negoziazioni e di una possibile risoluzione del problema?

di Marianna Capasso

Qualcuno l’ha definita la “guerra dei dazi”, ma somiglia più a un’altalena che, con il passar del tempo, appare sempre più oscillante, in costante bilico. In maniera instabile, diventa davvero difficile prevedere quando il suo movimento si fermerà. E, soprattutto, quali saranno poi i danni che ha provocato nella corsa. Non è un gioco, e le Borse lo stanno confermando. Ma tant’è.

Trump lo aveva già annunciato durante la campagna elettorale: la sua politica tariffaria aggressiva avrebbe colpito indiscriminatamente, ma soprattutto i prodotti cinesi. Aliquote (dal 20 al 60 per cento, rispettivamente per tutti e per il Made in China) che poi, di fatto, dopo l’insediamento sono state ridimensionate.

Nei primi mesi di presidenza è stato imposto un 10% aggiuntivo alle tariffe per il Made in China. E un iniziale +25% al Canada e al Messico, nonostante l’accordo USMCA (https://ustr.gov/trade-agreements/free-trade-agreements/united-states-mexico-canada-agreement). Imposizioni successivamente sospese, per l’intercessione dei tre Big dell’Automotive (General Motors, Ford e Stellantis).

E poi? Da fine marzo 2025, un susseguirsi veloce di dichiarazioni: dai dazi per l’automotive al Liberation Day, dalla deadline del 9 aprile per i dazi ad valorem fino alle contromisure dell’UE. Per arrivare alla sospensione temporanea dell’applicazione delle tariffe da parte degli USA, fino a luglio 2025, con una pausa di 90 giorni. A cui fa eco una scelta simile dell’UE (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_25_1036). In meno di un mese, tutto e il contrario di tutto. Proviamo allora a fare un recap.

Dai dazi per l’automotive al Liberation Day

Prima l’annuncio del 26 marzo 2025: dazi del 25% su tutte le auto non prodotte negli Stati Uniti. Poi il tanto atteso Liberation Day, del 02 aprile 2025. Quando vengono annunciate le successive imposizioni tariffarie: dal 05 aprile uno sbarramento all’entrata erga omnes (per tutti) del 10% (https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/2025/04/regulating-imports-with-a-reciprocal-tariff-to-rectify-trade-practices-that-contribute-to-large-and-persistent-annual-united-states-goods-trade-deficits/). Su ogni bene prodotto al di fuori degli USA. Senza distinzione di Paese.

Poi, dal successivo 9 aprile, sarebbero dovute partire imposizioni daziarie suppletive differenziate per Paese. Aliquote variabili, stabilite secondo uno studio mirato che ha tenuto in conto il cosiddetto calcolo della proporzionalità. Partendo dalle imposizioni ai beni USA, Washington risponde applicando il corrispondente dazio. Quanto subisce, tanto impone. Anzi: benevolmente, dimezza. Percentuali opinabili e calcolate secondo inspiegabili algoritmi.

I Paesi target e i dazi proporzionali

Ma quali sono i Paesi più colpiti? Prima del Liberation Day, la rosa dei Paesi target appariva indefinibile: comprendeva solo i cosiddetti Dirty 15 (senza indicazioni), ovvero il 15% delle Nazioni con cui Washington registra il peggior squilibrio commerciale. Il 02 aprile 2025 l’elenco viene dettagliato (https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2025/04/Annex-I.pdf). Quelli ufficializzati sono 57, con imposizioni ad valorem.

La tariffa suppletiva, quindi, si applica “solo” sul prezzo del bene che entra negli USA, senza tener conto del costo del trasporto. Le aliquote variano a seconda del Paese, in maniera anche ingiustificata, come quel 50% al Lesotho, il piccolo enclave nel Sud Africa. Sono graziati gli storici partner commerciali, come il Regno Unito o l’Arabia Saudita (solo il+10% base). Mentre per gli altri non ci sono sconti.

Imposizioni importanti che spaventano: dal +20% all’UE, al +31% della Svizzera, dal +24% del Giappone al +49% alla Cambogia, dal +37% della Serbia al +46% del Vietnam. Ma, su tutti, il vero vincitore (in negativo) appare Pechino, che ai già iniziali dazi del 20% vede aggiungersi un ulteriore +24%, portando il totale al 54% (comprendendo anche il 10 erga omnes). Un vero sbarramento all’entrata.

L’UE e le contromisure al Made in USA

No panic: è stato questo il motto iniziale dell’UE. Evitare una escalation, senza però mostrare debolezza. Disposta a negoziare, da subito, l’Unione ha però dovuto reagire. Il 9 aprile 2025 (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_25_1025) i 27 Paesi membri si sono riuniti ed hanno votato alla quasi unanimità (con eccezione dell’Ungheria) la proposta della Commissione europea di introdurre contromisure commerciali nei confronti degli Stati Uniti.

Con il “Regolamento di esecuzione” l’UE ha stabilito contromisure per le importazioni dei beni statunitensi nel territorio dell’Unione. Un pacchetto di dazi che vale 20,9 miliardi di euro, con riscossioni in tre differenti tempi: a partire dal 15 aprile 2025 (per 3,9 miliardi di euro di scambi commerciali), dal successivo 15 maggio (per 13,5 miliardi) e, infine, dal 1° dicembre per la restante quota.

Sono quattro gli Annex varati, con le liste dei prodotti soggetti a dazi UE, e le relative aliquote. Elenchi già noti nell’ambiente, perché ricalcano quelli del 2018 (ritirati nel 2021), nella di allora guerra commerciale tra le due Parti. Quando, cioè, gli USA decisero di gravare le importazioni di acciaio (25%) e alluminio (10%) provenienti da una serie di Paesi, tra cui l’UE – giustificando la scelta come una misura di sicurezza nazionale, per tutelare la produzione domestica.

La tregua dei 90 giorni e il rinvio dei dazi (ma non per tutti)

Mentre Bruxelles varava la sua strategia di risposta, Washington puntava sull’effetto sorpresa. Mentre l’UE rispondeva con le opportune contromisure – offrendo comunque la possibilità di sospendere l’imposizione daziaria a fronte di una negoziazione “equa ed equilibrata” – Trump annunciava la sospensione dei dazi ad valorem, per 90 giorni.

Tutto questo, sempre nella medesima giornata del 9 aprile 2025. Un giorno ricco di eventi: le tariffe si applicano, l’UE controrisponde, le tariffe si sospendono. L’UE, soddisfatta, decide di fare lo stesso: il 10 aprile congela i dazi per 90 giorni. Un’altalena di emozioni e di scenari imprevedibili. Una dilazione temporale in grado di concretizzare le trattative.

Trump dice di apprezzare la volontà dei Paesi di addivenire a una soluzione diplomatica della questione: premia l’impegno di tutti, congela i dazi applicati a 56 dei 57 destinatari dell’Annex I (https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2025/04/Annex-I.pdf) ma lascia invariati quelli base del 10%, per tutti. Resta fuori la Cina, “rea” di non aver cercato un punto di incontro con Washington: imposizioni fino a un +125%, con effetto immediato.

Incertezze e prospettive per il manufacturing

Sicuramente la scelta del Presidente non è dipesa solamente dal Regolamento di esecuzione UE. Il crollo delle Borse, il malcontento della popolazione e una ancora poco chiara (o forse sin troppo chiara?) strategia di fondo hanno fatto il resto. Al momento, quindi, la situazione appare in standby. Se non cambia nulla, se ne potrebbe riparlare nel mese di luglio 2025.

Ma ci sono ancora una serie di incognite che riuscirebbero a ribaltare tutto. Ora, però, il futuro potrebbe decidersi a tavolino, attraverso una strategica (e saggia) negoziazione. Ne è in gioco la sopravvivenza delle economie globali. L’impatto sul settore manifatturiero europeo appare notevole. L’Italia potrebbe registrare una contrazione dell’export di 14 miliardi, con una forte penalizzazione del comparto meccanico (3,43 miliardi) e dell’automotive (2,55 miliardi).

Non resta che attendere, fiduciosamente. Senza dimenticare che questa situazione di incertezza non giova a nessuno, sia in Europa che dall’altra sponda dell’Oceano. Intanto, il prossimo 17 aprile 2025 la Premier Meloni incontrerà a Washington il Presidente per provare ad azzerare i dazi reciproci. Attendiamo, pronti però a possibili (ulteriori) colpi di scena.

Credits:

https://commission.europa.eu/sites/default/files/styles/oe_theme_ratio_3_2_medium/avportal/P-061404/00-11.jpg?itok=YAufVgBm

https://www.eeas.europa.eu/sites/default/files/styles/hero_inside_content2/public/media/2023/EU-US%20Flag%20-%20EU-US%20Summit%202023%20..png?itok=S4LAg4In

https://www.epc.eu/content/publications/Option_US_EU.jpg

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